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Vi presento Oriana

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“Il mio mestiere era questo: raccontare e criticare, criticare e raccontare, nient’altro. Una cicala in un mondo di api. Avevo rinunciato a essere un’ape tanti anni fa, quando per la prima volta m’ero messa dinanzi a una macchina da scrivere e m’ero innamorata delle parole che uscivano come gocce, a una a una, poi restavano sul foglio bianco, a una a una, e ogni goccia diceva una cosa che detta a voce sarebbe volata, lì invece si condensava: buona o cattiva che fosse.” (Oriana Fallaci, “Se il sole muore”).
Oriana Fallaci è sata una tra le più apprezzate giornaliste italiane nel mondo e fra le prime a lavorare come inviata speciale su un fronte di guerra per conto di un giornale.
I libri sono sempre stati presenti nella vita di Oriana: i pochi risparmi della famiglia vengono investiti nell’acquisto di libri, ed è forse la loro presenza in casa a spingere Oriana, fin dalla più tenera età, sulla via della scrittura. A soli 14 anni, Oriana si trova già in prima linea nella Resistenza partigiana, ed è qui che sviluppa un’inesorabile senso del dovere, che l’avrebbe resa lavoratrice indefessa. A stregarla è Jack London, scrittore e giornalista che, per mantenere vivo il sogno della scrittura, lavorò come cameriere e cercatore d’oro, diventando per lei un esempio da seguire a tutti i costi.
A scuola Oriana è un’ottima studentessa. Promossa sempre con il massimo dei voti, dopo l’Istituto magistrale si iscrive al Liceo Classico Galileo Galilei.
«In condotta però davo problemi. Non perché mancassi di rispetto verso i professori ma perché polemizzavo spesso con loro. In terza liceo fondai e capeggiai un movimento studentesco chiamato “Unione Studenti”: US. […] Volevamo, infatti, fare un sindacato degli studenti»
Alla prova scritta d’italiano, in occasione della maturità classica al liceo Galileo Galilei, il suo tema sul concetto di patria, dalla Polis greca a oggi, diede vita a un controverso dibattito in sede d’esame: alcuni professori videro in lei un genio della scrittura, mentre altri sostennero che fosse insufficiente.
Da quell’episodio in poi, la scrittura diviene la sua vita.
Ha solo 17 anni quando, grazie alla collaborazione con il giornale <>, decide di iscriversi all’Università, Facoltà di Medicina. Dedicandosi principalmente alla cronaca nera, il giornalismo, all’inizio, é stato per lei solo un compromesso, un mezzo per arrivare alla letteratura. Si é definita sempre uno scrittore, insistendo per non farsi chiamare scrittrice. Il lavoro però la portava a star sveglia fino alle 2 di notte, e ciò le rese difficoltoso frequentare le lezioni. Giunta al bivio, Oriana abbandona l’Università: la decisione le costa non poco, ma la predisposizione naturale che sente verso la scrittura cancella ogni suo dubbio.
Nel 1954 si trasferisce a Roma per lavorare a tempo pieno al settimanale italiano L’Europeo, all’epoca diretto dal giornalista Arrigo Benedetti, inizialmente collaborandovi solo in modo saltuario. È il periodo della Dolce vita, dei divi americani e dello spettacolo e, nonostante un’iniziale diffidenza, ci si getta a capofitto con la caparbietà e la grinta che la contraddistinguono. Ed è proprio in questo periodo che intervista i più grandi volti del cinema italiano e americano: basti pensare ad Alfred Hitchcock, Paul Newman, Totò, Fellini e Mastroianni.
Sin da subito, la Fallaci ha saputo farsi largo nel mondo prevalentemente maschile del giornalismo italiano dell’epoca. Nel 1955 si trasferisce nella sede milanese de L’Europeo avendo l’ occasione di spostarsi spesso per lavoro: si reca numerose volte negli Stati Uniti, che visiterà moltissimo e dove si trasferirà in modo definitivo nel 1990. È contenta di cambiare città, nonostante non sia particolarmente attratta da Milano; più che altro sogna di visitare altri Paesi e spera che, grazie all’incarico milanese,le sia data la possibilità di viaggiare per il mondo.
Ricorderà in seguito: «A viaggiare, del resto, avevo incominciato molto presto: da sola. A 18 anni ero stata in Inghilterra, in Irlanda, in Francia: “per vedere”. E anche perché ci tenevo a conoscere i Paesi che, sotto il fascismo, mio padre citava sempre come “i Paesi della democrazia”. Io non avevo conosciuto la democrazia. Ero nata quando Mussolini era già al potere da tempo e, sotto la sua dittatura, ero cresciuta. Comunque, abitando come base a Milano, viaggiavo molto per “L’Europeo”.
Oriana conquista infatti un territorio professionale che, fino a quel momento, è sempre stato privilegio maschile. Ciò concorre non poco a creare la figura della Fallaci, sia agli occhi del mondo sia nelle dinamiche più personali che forgiano il suo carattere indomito. Una giornalista sempre in viaggio, abituata a visitare i Paesi più lontani, capace di denunciare i maltrattamenti inflitti alle donne e a schierarsi senza problemi contro gli uomini: diventa un personaggio scomodo. Infatti nel 1960 le fu assegnata un’inchiesta sulla condizione delle donne nel mondo e questo le permise di visitare l’oriente in compagnia dell’amico fotografo Duilio Pallottelli. Dal reportage della Fallaci, Viaggio intorno alla donna, pubblicato su L’Europeo, nasce poi il libro-inchiesta Il sesso inutile (1961). Negli anni ’60, con lo scoppio della Guerra del Vietnam, è inevitabile che un giornalista del suo calibro non parta per commentare in diretta i fatti che accadono a Saigon e dintorni: e così fa. Rimane lì per anni, scrivendo sia dal punto di vista dei vietcong sia dal punto di vista degli americani: il risultato è un lunghissimo resoconto, un diario in cui sono stati annotati tutti i terribili momenti della guerra più sanguinosa del XX secolo, “Niente e così sia”. Ma, nella vita di Oriana, c’è anche spazio per l’amore, quello per Alexandros Alekos Panagulis, dissidente politico che organizza un attentato contro il dittatore del proprio Paese. La Fallaci, che segue da vicino la vicenda di Panagulis sulla stampa, chiede di intervistarlo subito dopo la sua scarcerazione. Nasce un amore tormentato e passionale sin dal loro primo incontro in occasione dell’intervista. I due vivono insieme per qualche tempo, fino al giorno in cui l’uomo è ucciso da alcuni uomini politici che non volevano rivelasse segreti scottanti. Poi lo scalpore destato dalla sua presa di posizione contro l’aborto, resa esplicita dall’uscita del breve, ma intenso, romanzo “Lettera a un bambino mai nato”, nel 1975, in pieno dibattito sull’argomento.
Nel 1990 Oriana Fallaci torna a parlare di guerra e scrive Insciallah, sulla guerra civile in Libano negli anni Ottanta, in occasione della quale interviene anche l’Italia insieme ad altre forze internazionali. Il libro affronta inoltre il tema del fondamentalismo islamico, al centro degli argomenti di cui la Fallaci ha scritto nel corso degli anni.
Nello stesso anno, si trasferisce a New York, si ammala di cancro. Ricorda l’oncologo che l’ha avuta in cura: “MI devi regalare due anni di vita, devo finire il mio romanzo”, mi diceva. – NON ACCETTAVA IL CANCRO, CHE ERA CONVINTA DI AVER SVILUPPATO NEL 1991 DURANTE LA GUERRA IN IRAQ – COL TEMPO LA RABBIA E LE RICHIESTE SI FACEVANO PRESSANTI: “MI DEVI TROVARE QUALCOSA CHE MI FACCIA STARE BENE, SUBITO, HO BISOGNO DI ALTRO TEMPO”… – –
Rimarrà chiusa in casa a scrivere per moltissimo tempo, fumando ininterrottamente sigarette davanti alla sua amata macchina da scrivere, un’ Olivetti. Rimarrà in silenzio nell’ultimo decennio del secolo, per poi alzare nuovamente la voce dopo i tragici fatti dell’11 settembre: scrive un lunghissimo articolo sul “Corriere della Sera” del 19 settembre, in cui racconta la propria esperienza di spettatrice del crollo delle Twin Towers e accusa la civiltà occidentale di non difendere le proprie radici e permettere simili catastrofi; accusa inoltre la civiltà islamica, di cui alcuni esponenti fondamentalisti erano colpevoli della strage di quel famoso giorno di settembre. Segue una trilogia che la porta persino in tribunale, con l’accusa di antisemitismo e razzismo e, “grazie” alla quale, riceve minacce di morte.
In ’Oriana Fallaci intervista se stessa’, Oriana si autointervista, commentando gli ultimi attacchi terroristici, le ultime esecuzioni islamiche, la situazione politica italiana, e raccontando il proprio rapporto con la morte e con il cancro che avrà la meglio su di lei, chiamandolo ‘’alieno’’.
Nell’agosto del 2006 le sue condizioni di salute si aggravano, e Oriana chiede di essere trasportata in Italia, alla casa di cura Santa Chiara di Firenze, per poter chiudere definitivamente gli occhi sulla Cupola di Santa Maria del Fiore, il duomo di Firenze.
Il 15 settembre del 2006, all’età di settantasette anni, Oriana muore lasciando un grande vuoto nella scena italiana. Riposa insieme ai suoi familiari al cimitero degli Allori di Firenze. Sulla sua lapide, soltanto tre parole: «Oriana Fallaci. Scrittore».


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